CrossFit Mobility – Come la mente influenza il modo in cui ti muovi (Parte 1)

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CrossFit mobility

Vuoi migliorare la tua flessibilità e mobility ma non vieni a capo di tutti i consigli contrastanti che trovi in giro? Capire come la mente influenza il modo in cui ti muovi è il primo passo per raggiungere questo obiettivo.

La flessibilità e la mobility sono state aree dell’industria del fitness che hanno subito enormi cambiamenti a partire dal nuovo millennio. Per anni, per essere una “brava persona”, dovevi sottoporti ad allungamenti statici prima e dopo l’allenamento. Probabilmente anche prima di andare a letto se tenevi davvero al tuo corpo.

È stata poi l’epoca dello stretching dinamico, perché quello statico è risultato essere controproducente poiché depotenziava le fibre muscolari prima dell’allenamento o di una competizione. Fonte di grande disappunto se si teneva alla propria performance anche remotamente.

A seguire, il concetto di “flexibility” è stato soppiantato da “mobility”, che divenne l’aspetto importante della questione. Per acquisire una buona mobility dovevi entrare in modalità masochista e torturarti con i foam roller, le palle da lacrosse, i voodoo floss, il bilanciere ed ogni altro strumento destinato alla flagellazione (il mio preferito è il buffer delle auto elettriche sui quadricipiti ed i glutei).

Di recente, nella community CrossFit, abbiamo riscontrato un consistente ritorno in auge dello stretching statico e dello yoga per distendersi dai lift pesanti ed intensi che irrigidiscono i nostri corpi.

Dopo anni di ricerca (e frustrazione) che ha visto la nascita di corsi universitari specifici, corsi di forza e condizionamento e, ovviamente, internet, ultimamente la scienza sta finalmente cominciando a fornire spiegazioni da associare alla propria esperienza diretta. Parleremo di tre principi fondamentali, necessari a spiegare il “come” ed il “perché” fare mobility.

Principio 1: Il cervello determina l’eccessiva rigidità dei muscoli; i muscoli sono molto di rado fisicamente troppo corti

Come lo sappiamo? Perché, sotto anestesia, la maggior parte delle persone riuscirebbero a toccarsi il naso con il ginocchio, anche se si lamentano dei loro “tendini rigidi”. Non appena il cervello lascia che il corpo si rilassi completamente, il range di movimento passivo ci apre la possibilità di raggiungere e sostenere posizioni impensabili.

Cosa significa a livello pratico? Dobbiamo smettere di allungare i nostri muscoli meccanicamente, forzandoli a raggiungere range di movimento più ampi. Dovremmo, invece, lavorare sul nostro sistema nervoso ed insegnare ai nostri cervelli a lasciarci usare il massimo del range naturale da coscienti, piuttosto che in stato catatonico.

Principio 2: La ragione per cui la mente irrigidisce i muscoli è per impedirti di raggiungere posizioni che, istintivamente, non trasmettono sicurezza

Questo, per me, è stato illuminante. Ci sono due ragioni principali per cui il cervello potrebbe sentirsi in pericolo permettendoci di raggiungere determinate posizioni:

Infortuni precedenti o attuali (c’è una grande differenza tra i due)

Per gli infortuni in atto, la ragione è ovvia: ci sono dei tessuti danneggiati che necessitano di tempo per guarire, pertanto il corpo vuole evitare di caricarli di lavoro. Fin qui tutto bene.

Per infortuni subiti in passato, intendendo pertanto l’attuale assenza di tessuti danneggiati, il problema risiede nella presenza dello “spettro” di tali lesioni. Un lascito nel sistema nervoso che continua a dirci di evitare di far lavorare una zona precedentemente infortunata senza che ve ne sia un reale bisogno. Questo è il meccanismo secondo il quale vengono costruiti degli schemi di compensazione. Mai sentito di qualcuno lamentarsi di parti del corpo dolenti diverse da quelle lesionate in passato?


Mancanza di forza, controllo o esperienza nella posizione

La mancanza di forza o di controllo sono più o meno la stessa cosa. Il corpo non è convinto di poter sostenere la posizione e, pertanto, per evitare di fartelo capire nel modo peggiore, blocca il movimento impedendoti di raggiungerla. Il tuo povero corpo spaventato sta solo cercando di proteggerti tirando il freno a mano.

Principio numero 3: La stragrande maggioranza delle contrazioni muscolari sono subconsce/riflessi

Questo è un concetto piuttosto complesso da digerire. Specialmente se si è passati attraverso una fase di bodybuiding come la maggior parte degli uomini che sono stati adolescenti.

Pensa ai movimenti “funzionali”. Mentre compi queste azioni, si può avvertire come alcuni muscoli comincino a dolere in reazione all’affaticamento, ma non si sta consciamente decidendo di contrarre tutti quelli coinvolti in questi complessi movimenti.

Questo contrasta con l’approccio del bodybuilding dove si prova a contrarre consapevolmente lo specifico muscolo, isolandolo per ottenere il massimo dal lavoro. Se pratichi CrossFit non credo di doverti spiegare come questo approccio non ti porterà a muoverti meglio.

Ok, quindi perché ne stiamo parlando? Perché significa che, per comunicare un movimento al cervello, dobbiamo smettere di cercare di contrarre singoli muscoli individualmente, bensì concentrarci sul movimento stesso: il corpo è incredibilmente abile nell’individuare le posizioni, perciò basterà porsi nel modo corretto e lui farà il resto.

Ci riesce attraverso il riconoscimento dei movimenti relativi delle ossa, utilizzando degli incredibili sensori all’interno delle articolazioni (mai sentito parlare di propriocezione?) riuscendo ad allungare i ricettori nei muscoli stessi. Quando percepisce questi cambiamenti nell’angolo, il corpo contrarrà automaticamente i muscoli corretti per controllare il movimento. Questo è il motivo per cui non cadiamo quando si cammina su un terreno irregolare. Oppure per cui (a volte) si riesce a chiudere un Clean od uno Snatch anche se il percorso del bilanciere non è perfetto.

Nella Parte 2, in uscita a breve, scoprirai come applicare questa conoscenza al tuo allenamento di mobility.

 

 

ecco il link alla versione originale dell’articolo

 

Crossfit Mobility Part 1 – How Your Mind Affects The Way You Move

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Da sempre consulente informatico e appassionato praticante di sport. Nuoto a livello agonistico per tutta l'adolescenza, e mi dedico anche all'insegnamento, parallelamente mi dedico anche al Tennis al Calcio e al Body Building, Rugby e Arti Marziali. Incontro nel 2011 il CrossFit e ne sono subito rapito. Nel 2012 corono il sogno di diventare Co-Owner di una centro sportivo, la Golden Dragon Gym a Roma...da li il passo naturale ci porta ad aprire all'interno del nostro centro, CrossFit 753ac uno dei primi box ufficiali affiliati a Roma. In quegli anni maturo l'idea di unire la mia conoscenza informatica alla passione per lo sport ed in particolare il CrossFit. Da questa unione dopo un anno di studio e lavoro nel Luglio 2015 nasce WodNews.it il primo magazine on line in lingua italiana interamente dedicato al CrossFit.