WodNews intervista Ernest Briganti, uno dei pionieri del CrossFit in Italia, head coach e owner di Reebok CrossFit Officine e fondatore del BHTLAB
Quale è il tuo background sportivo e come hai conosciuto il crossfit?
Mio padre era un allenatore di atletica leggera e sono cresciuto con lui sul campo. La mia specialità era il decathlon. Da quando ero bambino ad oggi lo sport ha sempre fatto parte delle mie giornate, dall’anello ovale, allo snowboard, al trekking fino al kite.
Sei anni fa ho conosciuto il CrossFit allenandomi nella palestra di Maurizio Maddaloni a Milano ed ho immediatamente deciso di iscrivermi al primo Level 1 tenuto in Italia.
Da quel giorno mi sono completamente dedicato al nostro sport.
Da dove nasce l’idea di fondare Reebok CrossFit Officine? La partnership con Reebok ha influito in questa scelta o l’avresti fatto comunque?
E’ nato tutto da un progetto di un gruppo di amici che ha dato il nome ad uno dei primi box affiliati italiani: CF Forgeria.
Il mio primo box era 70mq di ferro e sudore che nell’arco di pochi mesi di lavoro non sono più bastati per ospitare tutti quelli che volevano provare questa nuova disciplina.
Dall’incontro con il mio amico e socio Peter De Sury è nato il progetto Reebok CrossFit Officine. La partnership con Reebok è stata decisiva per realizzare quello che Peter ed io sognavamo: Un box di riferimento nel panorama internazionale del CrossFit.
Come pensi che stia crescendo la community italiana?? Quali sono le iniziative di promozione del crossfit favorevoli e quali sono invece le cose che fanno male al crossfit?
Dal punto di vista numerico la community nel nostro paese ha avuto una crescita a dir poco esponenziale negli ultimi anni e da un gruppo di pionieri oggi esistono più di 300 affiliati.
I numeri però, esattamente come nel coaching, non sono sempre indicativi ma vanno interpretati: Un aumento dell’offerta purtroppo non coincide con un aumento della qualità di quest’ultima. Ogni iniziativa che promuove il messaggio originale del CrossFit ed il lifestyle che ne consegue fa bene al nostro mondo: da un grande evento come Rimini Wellness, passando per i throwdown più importanti, fino alle gare local dei vari box.
Personalmente credo che ogni box che nasce da una reale passione per questo sport ed ha come missione il migliorare salute e performance dei propri soci è destinato ad avere successo. Ho scarsissima fiducia, invece, in tutti quelle realtà che aprono per puro business, cavalcando il trend del momento, senza il minimo prerequisito tecnico ed etico.
Non tutti sanno che prima di essere un coach sei arrivato da atleta a partecipare ai Regionals nel 2010 che esperienza è stata???
Nel 2010 al posto degli Open c’era un processo di selezione chiamato Sectionals. Il mio amico Federico Biasetti di CF Parma ed io siamo stati i primi italiani a qualificarsi per i Regionals.
Abbiamo gareggiato nella sede della Eleiko ad Halmstad in Svezia: E’ stata una delle esperienze più belle e forti che ho vissuto come atleta perché mi sono trovato sul campo a gareggiare al fianco di atleti del calibro di Frederick Aegidius, Blair Morrison, Annie Thorisdottir, Samantha Briggs solo per citare qualche nome … Mikko Salo, allora Games Champion, era lì ad allenarsi ed a seguire la nostra gara. All’epoca mi allenavo tra il mio garage, il soggiorno di casa mia (chiedete a Martina di quando ha trovato il rower al posto del divano!) ed una globo gym.
Prepararsi per una gara così importante è stata davvero un’avventura che porterò sempre con me. I miei competitor avevano in media una decina di anni in meno e trovarmi lì per me è stata comunque una Vittoria.
Perché hai deciso di non partecipare più a gare come atleta e di dedicarti esclusivamente al coaching?
A gennaio compirai 40 anni, pensi che sarà possibile rivederti in gara come atleta nelle categorie master?
Non ho intenzione di ritornare a gareggiare nel breve termine.
Essere un atleta aiuta ad essere un coach migliore? Si può essere coach anche senza essere stato atleta?
Il mio passato atletico ha sicuramente contribuito a formare la visione del coaching che ho oggi. Una solida preparazione scientifica è il primo dei requisiti che un bravo allenatore deve avere ma essere stato sul campo per molti anni mi ha aiutato a capire che esiste molto di più. L’allenamento è uno dei campi in cui risulta più evidente il continuum tra scienza e arte: I migliori coach al mondo oggi sono degli ambasciatori di idee di qualità che migliorano la vita di tutte quelle persone che hanno scelto lo sport come percorso per il proprio viaggio. Naturalmente si può essere coach anche senza essere stato un atleta.
Qual è la tua mission come coach?
Rendere semplice ciò che è complesso. Essere presente e dare il migliore supporto a tutti i miei atleti.
I tuoi atleti di punta sembrano gli unici italiani a riuscire a competere (e vincere) anche a livello europeo, cosa pensi che manchi agli altri atleti italiani per imporsi anche a livello europeo nei vari throwdown?
Che differenza c’è tra gli open e i regionals nella programmazione dell’allenamento?
Fino al 2014 i miei atleti migliori hanno affrontato la Open Season come un passaggio obbligato in vista del peaking previsto per i Regionals. Ho sempre voluto semplificare gli Open in questo modo: Un workout ALL OUT alla settimana, una sola occasione dove concentrarsi e spingere al massimo. Naturalmente dal 2011 al 2014 ho trascorso cinque settimane discutendo quotidianamente quanto era inutile ripetere una prova ed al contrario quanto sarebbe stato utile restare concentrati sull’obbiettivo della stagione. I task richiesti agli Open fino a due anni fa erano di puro metabolic conditioning che rappresenta la base del nostro sport. In media il terzo workout rappresentava il primo cut-off introducendo un carico o un movimento non accessibile a tutti e così fino alla quinta ed ultima prova che, per tradizione, ha coinciso con la più dura della stagione.
Il nuovo formato degli Open 2015 e l’accorpamento geografico che lo ha accompagnato hanno cambiato le regole del gioco. Gli atleti che si qualificano per i Meridian Regionals sono un’elite di 30 atleti professionisti 100% commited al CrossFit. Gli Open non sono più un passaggio obbligato per i più forti ma una dura selezione che può creare seccature anche agli atleti più consolidati. La programmazione è cambiata di conseguenza perché si cercano due fasi di peaking, la prima per gli Open e la seconda per i Regionals.
E cosa pensi che manchi a Migliorini e Barbaro per arrivare a colmare il gap che li separa dalla qualificazione ai games?
Ancora qualche ora di volo.
Dovendo mettere in una scala prioritaria queste abilità, tu da coach che priorità dai a ognuna di queste nella programmazione degli allenamenti per i tuoi atleti: endurance, skill, metcon, strenght, mobility
- Skills – L’atleta deve avere una impostazione ottimale in ogni movimento e con il tempo imparare ad applicare questa impostazione nel minor tempo possibile in ogni task richiesto.
- Strength – Tra gli addetti ai lavori si dice: “Strength is a skill”. La forza è una abilità e come tale va allenata senza fretta e senza inutili grind. La mia esperienza mi insegna che lavorando in questo modo è possibile continuare a migliorare i propi numeri con il bilanciere senza compromettere la work capacity dell’atleta.
- Metabolic Conditioning – La piramide del CF ci insegna come quello che in gergo viene chiamato “motore” è alla base dello sport. Le aree in cui alleno questa capacità sono due:
- Monostructural: Running, rowing, swimming, ski erg, assault bike
- Mixed Modal – Dove utilizzo principalmente movimenti che richiedono un grande delivery di ossigeno e che creano poca muscle fatigue: Burpees, KB Swing, Wall Balls solo per citarne alcuni.
4. Recovery e Mobility – Più il livello atletico migliora e più ogni risorsa per ottimizzare il recupero e la prestazione diventa importante: Nutrizione e qualità deI sonno al primo posto, subito seguiti da mobility, fisioterapia, elettrostimolazione, hand caring etc.
Recentemente hai fondato il BHT LAB, e da subito hai avuto consensi e successi, cosa lo differenzia dagli altri programmi di allenamento per competitors?
Quello che differenzia BHT LAB dalle altre offerte sono principalmente le persone che stanno dietro a questo progetto e la motivazione da cui nasce:
1) Siamo una famiglia. Siamo cresciuti assieme nello sport e nella vita, ed abbiamo tutte le intenzioni di continuare a farlo.
2) BHT LAB non nasce come progetto di business ma come progetto di Coaching.
Il mio solo obbiettivo è quello di fare raggiungere agli atleti che scelgono di lavorare con noi il loro massimo potenziale.
BHT LAB mette al primo posto l’atleta come individuo e dopo una accurata fase di valutazione disegna il percorso più adatto.
Il contatto con il propio coach è quotidiano, così come devono esserlo i report da parte dell’atleta. Attraverso questo monitoraggio continuo si costruiscono solide fondamenta che portano ad altettanto solidi risultati.
Quante persone si allenano attualmente con BHT LAB?
Pochi ma buoni. I nostri risultati in gara lo confermano.
In che momento un crossfitters dovrebbe abbandonare le classi del proprio box e dedicarsi a una programmazione per competitors?
Un crossfitter non deve mai abbandonare le classi del proprio box.
Un atleta tra i grandissimi che ti piacerebbe allenare?
Sono troppo fortunato per volere allenare qualcun altro! Però … visto che in Novembre avremo l’onore di ospitare Matt Chan e Chris Spealler ho già preparato un paio di workout per accogliere due leggende del CrossFit.
Gli ultimi games…paddle, pegboard, corsa a ostacoli, carriole con sandbag su per le scale…è tutto crossfit o si sta esagerando?
Increase work capacity across broad time and modal domain: E’ tutto CrossFit. Sandbag 2015 ad esempio è il remake del Sandbag Move datato Games 2010.
In linea con l’incredibile aumento del livello atletico le libbre da spostare sono aumentate da 600 a 720 per gli uomini e da 370 a 480 per le donne: Questo per dire che a livello dei Games ogni sfida è lecita. Anno dopo anno si alza l’asticella, cresce la performance e cresce lo spettacolo.
Froning e Khalipa in team, è una mossa di CrossFit HQ per cercare di portare maggior attenzione sugli eventi a squadre? pensi che il crossfit si stia evolvendo in uno sport di squadra?
Credo che la loro decisione di gareggiare in team venga solo dal buon senso di due uomini che comprendono come ci sia un tempo per ogni cosa. Al loro livello la carriera atletica lascia pochissimo spazio per ogni altro aspetto della vita. Come scritto sopra gli allenamenti occupano l’intera giornata ed il tempo che avanza si divide tra riposo, nutrizione ed attività di recupero. Tutto questo è giusto per un atleta ma può non esserlo per un uomo di famiglia. E la naturale continuazione di due carriere stellari come le loro è quella del team.