NUMBERS DON’T LIE: ANALISI DEGLI OPEN DI SAM BRIGGS, 18.1:

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La costruzione di una solida base aerobica è imprescindibile per i crossfitters di alto livello, ce lo dimostra questo articolo che analizza i risultati degli open di Sam Briggs 

Di Giancarlo Tagliabue e Marco Trussardi

 

Il seguente è il primo articolo di una trilogia, che analizza gli Open 2018 di Sam Briggs.

Lo scopo è quello di evidenziare la correlazione che esiste tra performance e numeri per sottolineare come l’allenamento di un atleta non possa prescindere dalla costruzione di una solida capacità aerobica.

A prescindere che interpreti il CF come sport o come fitness.

25 febbraio 2018, Castlefield, Manchester, il termometro segna 5° dentro al Box ci sono Sam Briggs, il suo judge e pochi altri.

Non dovrebbe essere là. È rientrata nella notte di sabato dal Brasile, il piano per lei prevede recupero, sonno e re-do lunedì.

“Voglio solo vedere quello che riesco a fare. Non voglio che il jet-lag si faccia sentire.”

Sam Briggs è una agonista vera, una cannibale, sono le 2 del pomeriggio.

TRAIN Manchester è praticamente deserto.

 

Open workout 18.1

Amrap 20’

8 toes to bar

10 dumbbell hang clean&jerk @15 kg

12 cal row

Si muove in modo chirurgico tra le skill, con un ritmo preciso, tanto monotono quanto letale, sa che quel ritmo lo può sostenere.

L’ha capito nel Live Announcement, quando si è scontrata con la Holte, alle 10 di sera e senza potersi praticamente preparare, l’ha battuta, con 409 ripetizioni.

Ora ogni round è stato calcolato al secondo, in testa ha già lo score che può raggiungere, la musica è altissima, qualcuno le grida i tempi da tenere.

 

Esegue tutto unbroken, con transizioni irrisorie, sembra un automa.

 

Questo per i primi 13 round.

Perché poi accelera.

Venti minuti di ferocia assoluta.

 

Al termine crolla a terra con i polmoni in fiamme, tossisce a lungo per lo sforzo, ma è soddisfatta.

 

Lo score segna 452, 15 round completi più 2 toes to bar del sedicesimo.

Quarantatre ripetizioni in più rispetto al primo tentativo, calcolatrice alla mano il miglioramento della performance è del 10,51%,

 

Un’espressione di capacità di lavoro impressionante.

Una roba disumana, soprattutto a questi livelli.

 

Samantha Briggs è un atleta sicuramente con doti straordinarie. Eccelle sia per forza mentale e cattiveria agonistica, che per “motore.”

Però, ed è un però grande come una casa, bisogna essere nelle condizioni fisiche per potersi esprimere a questi ritmi.

Improvvisazione ed adrenalina possono essere anche divertenti, ma la verità è che non portano da nessuna parte.

Specie in un workout da 20 minuti.

Sam Briggs questa condizione fisica l’ha costruita, pezzo dopo pezzo, neanche a dirlo è la prima prestazione al mondo, nessun’altra riuscirà a fare meglio di lei.

Il 18.1 è roba sua.

 

Analisi del workout: an old-new approach

 

L’introduzione del termine capacità aerobica nel CF risale alla collaborazione tra Hinshaw e Khalipa del 2013, e rappresenta un vero e proprio spartiacque.

Prima di questa data, infatti si parlava genericamente di “motore”.

Non è una banale questione semantica.

Al contrario.

Si tratta di un salto concettuale enorme. Perché l’adozione della terminologia, ha portato con sé l’introduzione di gran parte della metodologia di allenamento e di analisi ad essa correlata.

In fondo se si cambia angolazione il CF per quanto sia unico e complesso, non differisce da qualsiasi altro sport. Si basa anch’esso sulla capacità di esprimere lavoro in regime di efficienza dei sistemi energetici.

“CrossFit promotes, develops, and requires competency and training in the phosphogen, glycolytic and oxidative pathways.” – CrossFit Inc.

 

Sono i concetti e i parametri propri degli sport di resistenza che utilizzeremo per analizzare le performance di Sam Briggs negli Open.

Il 18.1 può essere letto così, come un’espressione di capacità aerobica lavorando in regime di efficienza in soglia lattacida.

La tesi è cheuna prestazione come questa della Briggs si costruisce in allenamento con lavori metodici sulle soglie, finalizzati al miglioramento dell’efficienza dei sistemi energetici.

La chiave è adattarsi a lavorare sempre più vicino al proprio limite anaerobico con programmi di lavoro a media intensità che permettano di allargare progressivamente la finestra di attivazione del processo di decadimento della performance dell’atleta, fornendogli così le armi per poter gestire al meglio il wod.

 

Si tratta di una tesi estensiva: l’allenamento per migliorare la capacità aerobica è valido per tutti i crossfitter, che si tratti di un top player o di una persona che frequenta le classi.

In questo senso ha pienamente ragione il fondatore di CrossFit, Greg Glassman:

“The needs of olympic athletes and our grandparents differ by degree, not kind.”

Quelle che varieranno sono le caratteristiche genetiche dell’individuo. Si chiama talento.

Alcuni di noi hanno valori base superiori ad altri.

Le tappe però sono comuni ed imprescindibili.

Dalla fisiologia non si scappa.

I principali parametri fisiologici e le relative grandezze in gioco, sono:

 

Frequenza cardiaca massima(FCmax): numero massimo di pulsazione del cuore per minuto

Soglia aerobica(SAE): la soglia minima di intervallo di intensità caratterizzato dall’intervento non limitante del metabolismo anaerobico lattacido. Durante l’attività in soglia aerobica, le concetrazioni di acido lattico nel sangue non superano i 2 mmol/l.

Soglia anaerobica(SA): la soglia minima di intensità in cui il metabolismo anaerobico lattacido interviene in modo massiccio a supporto di quello aerobico. La produzione di lattato supera così la capacità di smaltimento sistemico e muscolare con concetrazioni nel sangue > 3,9 mmol/l. In molte discipline di endurance la SA si correla meglio con la prestazione, costituendo così un miglior indice di potenza aerobica.
Vo2Max: misura che indica la massima potenza aerobica ed esprime il massimo volume di ossigeno utilizzato nell’unità di tempo da un individuo, nel corso di un’attività fisica progressivamente più intensa e protratta fino all’esaurimento. Vi ricorda qualcosa?

In atleti di alto livello tale valore può invece raggiungere l’85% del massimo consumo di ossigeno.
Capacità aerobicaindicala capacità di mantenere il più a lungo possibile il ritmo della soglia anaerobica, cioè il ritmo gara. Dipende dall’efficienza del sistema aerobico di utilizzare le scorte di glicogeno, ossigeno e dal potenziale di smaltimento dell’acido lattico. Migliore è l’efficienza del sistema aerobico e la resistenza al lattato, migliore è la prestazione.

La capacità aerobica determina l’espressione della capacità di lavoro. Costruire una grande capacità aerobica è la chiave per migliorare le proprie prestazioni nel CF.

 

Ora, la domanda: come ha fatto?

Sam Briggs, ha cambiato ritmo.

Niente ammirazione ed emotività. Solo numeri.

Per comprendere come un atleta possa esprimersi a questi livelli, incroceremo i dati ricavati dai numeri e cardiofrequenzimetro.

E se i numeri riferiti a tempi di esecuzione, carichi e ripetizioni li avevamo anche prima, il cardiofrequenzimetro invece no.

Si tratta di uno strumento basilare per stabilire una correlazione istantanea tra ritmo sostenibile, frequenza cardiaca e soglie, permettendo all’atleta di calibrare costantemente il lavoro.

Il suo utilizzo dovrebbe essere estensivo e capillare, e non limitato alle sole sessioni di endurance. Wod compresi.

Ovviamente ogni wod determina un ritmo gara differente dovuto alla combinazione di skill, carichi, modalità esecutive e domini di tempo.

A maggior ragione avere in mano uno strumento che consenta di identificare soglie e ritmo di lavoro è fondamentale per programmare sessioni di allenamento efficaci, formulare strategie sensate, monitorare la performance e in ultima analisi, essere performanti.

Viceversa avete un’altra possibilità: affidarvi alle vostre sensazioni e/o utilizzare la scala di sforzo percepito.

Ad una condizione però: una lucidità ed una consapevolezza estreme che permettano di autoregolarsi in modo efficace.

È una dote che hanno in pochissimi. Atleti dei Games compresi.

Un vero talento.

In parte innato, in parte costruito con l’esperienza sia in gara che in allenamento.

Una tale padronanza e consapevolezza è roba davvero di pochi.

Venerdì 22 luglio 2016, Carson, California

Il Tennis Stadium è praticamente esaurito, quando entrano gli atleti della heat numero 4 è ormai sera, in linea numero 5 c’è Mathew Fraser, al suo fianco Ben Smith in liane 4 e Alex Anderson nella 6. Completano la heat Fikowski, Panchik, Vigneault, Bridges, Gudmundsson, Vellner e Mayer.

Si gioca pesante.

 

Evento 7. Double DT

10 round for time di:

12 deadlift @70 kg

9 hang power clean @70 kg

6 push jerk @70 kg

Time cap: 15’

 

Fraser In overall è primo dopo 6 Eventi, ha sbalordito tutti vincendo l’Evento 1, la Ranch Trail Run, e ha piazzato 3 secondi posti negli altri 5 eventi, entra nell’arena per ultimo.

Partono.

Chiude il round in 40 secondi, mollando il bilanciere una volta sola, dopo l’undicesimo deadlift, guarda lo schermo e avanza, si prende poco meno di 10 secondi per la transizione.

Nel secondo round ingaggia una battaglia con Anderson in linea 6 che lo supera al termine del round. Fraser chiude il secondo round in 44 secondi.

Anderson fa la  sua mossa e attacca. Taglia il tempo di transizione all’inizio del terzo round. Otto secondi scarsi contro gli undici scarsi di Fraser.

Riesce a prendersi tre ripetizioni di margine, ma commette un errore.

Va fuori ritmo.

Fraser al nono hang power clean del terzo lo round lo supera. Chiude il round in 48 secondi. Anderson ci mette un minuto, Fraser si prende tutti i secondi che mancano ad Anderson per chiudere il round per riposare, tredici secondi circa, una pausa calcolata, appena Anderson si ferma per rifiatare lo attacca.

Psicologicamente è un colpo durissimo. Una mossa da cannibale.

Chiude il quarto in 56 secondi. Con un vantaggio di 6 ripetizioni su Anderson. La velocità d’esecuzione nelle skill è praticamente la stessa.

Pare un automa.

Quello che è varia rispetto il primo round è la pausa che esegue dopo l’ottavo hang power clean. Pause che tiene praticamente per tutto il workout.

Inizia il quinto round al minuto numero quattro e se lo mangia in un minuto netto.

Nessuno lo supererà più.

Quello che impressiona di Fraser è la sua regolarità e l’assoluta lucidità.

Inizia il decimo ed ultimo round dopo 10’37” dall’inizio del wod, e lo chiude in un 1’04” con tre pause.

È in pieno controllo, tanto da fermarsi nelle pause a guardare gli avversari.

Il suo ritmo gara è micidiale.

Vince la heat in 11’41” alzando le braccia al cielo davanti alla folla in visibilio.

Panchik, secondo nella heat con 12’06” si prende in faccia 25 secondi.

Anderson chiude diciannovesimo in 13’42”.

L’ipoteca sui Games è di quelle pesanti.

 

Cardiofrequenzimetro o meno, conoscere e riconoscere quali siano i propri ritmi sostenibili è fondamentale.

Andare fuori ritmo significa andare fuori soglia con un accumulo di lattato che porta INEVITABILMENTE il sistema in protezione.

Il risultato è sempre quello: una performance scadente.

Sam Briggs, così come Gudmundsson ed altri, lo usano metodicamente.

 

Torniamo a noi.

Questo è il grafico della sua prestazione nel re-do del 18.1. Un vero capolavoro.

 

Nota: ci teniamo a ringraziare pubblicamente Samantha Briggs per averci gentilmente fornito i suoi dati e grafici. Persona rara. Grazie ancora.

 

L’asse delle ordinate descrive la frequenza cardiaca, quello delle ascisse lo scorrere del tempo.

Sam Briggs, 36 anni il 14 marzo, ha una Frequenza cardiaca massima (Fcmax) di 199 bpm ed una a riposo di 43-45 bpm.

Per un soggetto allenato come lei, in cui i sistemi tampone e l’adattamento organico garantiscono l’efficace smaltimento dell’acido lattico prodotto, la soglia anaerobica (SA) è di 186 bpm. Si ricava con una semplice formula:

SA = fcmax * 0,935.

Oppure, per coloro che utilizzano il Garmin, a seconda del modello, c’è un test preimpostato per riuscire a definirla. Ancora meglio è un test Conconi effettuato in laboratorio.

Nel corso del 18.1 la frequenza media è stata di 177 bpm, con un picco di 193 bpm.

Un’espressione di capacità di lavoro per ritmo e regolarità praticamente perfetta.

La primissima parte del grafico, rappresenta l’attivazione del sistema aerobico nel corso del primo round.

Sam Briggs ha eseguito un workout di 20’ per alzare la frequenza cardiaca come riscaldamento generale. Lo ripeterà prima di ogni wod degli Open.

Dopo i Toes to bar e i primi Dumbbell hang clean&jerk l’atleta entra in soglia e ci rimane fino alla fine del wod.

Forse, parte con una frequenza un filo bassa.

Cosa che le costa qualche secondo nel workout, dato che ci mette più tempo ad entrare in soglia.

 “Lo so, il mio coach me lo ripete sempre, ma non mi piace sentirmi troppo in ansia prima che scatti il timer.”

La combinazione di toes to bar e dumbbell clean & jerk, ha un margine esiguo di miglioramento.

Il volume relativamente basso di ripetizioni per round e tempi tecnici per l’esecuzione non permettono granché in termini di variazioni di ritmo.

La Briggs in ciascun round si esprime tra gli 8-10 secondi nei toes to bar e sui 23-25 secondi nei clean & jerk.

Complessivamente il tempo di lavoro per entrambe le skill oscilla tra i 31-35 secondi.

A questi livelli anche sulle transizioni c’è poco margine. Complessivamente si esprime su una media di 13-15 secondi a round.

La chiave di questo wod, il game changer, è la velocità di esecuzione sulla rower machine o remoergometro per quelli supertecnici.

Rower o Erg per tutto il resto del mondo, noi compresi.

Riuscire ad impostare e soprattutto tenere un ritmo più alto sul rower nel 18.1 è ciò che fa la differenza nel wod.

Ed è una chiave “endurance”.

È qua che Sam Briggs ha cambiato ritmo.

Ovviamente la “condicio sine qua non” è la totale consapevolezza del proprio ritmo gara, e la fiducia da parte dell’atleta nelle proprie capacità. Cose che si costruiscono sia con allenamenti sport specifici (wod), che a-specifici con lavori razionali e mirati sulle soglie (endurance) per arrivare ad aumentare le medie di lavoro in regime di soglia.

Sam Briggs sa a memoria quale sia il wattaggio sostenibile per tutte e 12 le calorie.

Nel Live Announcement, ha tenuto i 1200-1300 calories/hr di media in tutti i round con un ritmo sui 500 metri da 1’46”-1’50”.

Nel re-do invece, ha impostato un altro ritmo.

Damper a 6-7 con un ritmo di 1400-1500 calories/hr, e 1’40”-1’43” sui 500 mt.

I secondi necessari per le 12 calorie sono 29-31.

Si tratta di un guadagno in termini di tempo che oscilla tra i 4 e i 5 secondi a round.

Sembrerebbe poca roba, ma la Briggs in questo modo recupera nel wod 1’02”-1’05”.

Un’enormità.

Tutto questo nei primi 13 round.

Samantha Briggs lavorando in soglia, ha margine. Così molla i freni e accelera.

Negli ultimi due round del 18.1 passa da 1400-1500 a 1500-1600 calories/hr con un ritmo da 1’37”-1’40” sui 500 metri.

Il tempo per le 12 calorie cala a 27-29 secondi, e racimola così altri 4 secondi.

Complessivamente il lavoro è di 8’45” circa per toes to bar e dumbbell clean& jerk, 7’30” circa per il rower e 3’45” per le transizioni.

Una roba impressionante.

“The secret is working on endurance. There is no doubt that endurance is a vital part for these athletes and they have evolved their training to properly incorporate endurance work.” – Chris Hinshaw

 

Nella seconda parte esamineremo il 18.2 e il 18.3 della Briggs e inizieremo a parlare in modo più diffuso di adattamenti e metodologia di allenamento per il miglioramento della capacità aerobica.

Stay tuned

 

Marco Trussardi e Giancarlo Tagliabue, responsabili delle aree Endurance e Strength del team di Cerberus Athlete Program

Per info: https://www.facebook.com/Cerberus-Athlete-Program-973693426115687/

 

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